Biomassa e riscaldamento della casa

di Alessandro Mezzina

stufa a biomassa

L’evoluzione delle soluzioni di riscaldamento sostenibili

Nell’ultimo secolo, il settore energetico ha assistito a una rapida evoluzione tecnologica, spinto dalla necessità di rispondere a sfide ambientali, economiche e sociali. Il ventesimo secolo è stato quello in cui i combustibili fossili hanno dominato il settore energetico, sostituendo la biomassa come fonte principale di produzione di energia. Ma è stato anche il secolo in cui ci si è resi conto che un utilizzo massivo dei combustibili fossili (petrolio e gas) ha delle implicazioni ambientali importanti, di cui stimo cominciando a pagare il prezzo ora.

Questa nuova consapevolezza, unita alla volatilità dei prezzi e alle preoccupazioni geopolitiche, ha reso imperativo cercare alternative più sostenibili e affidabili. E in questo contesto il riscaldamento a biomassa è tornato ad assumere un ruolo importante, anche grazie alle innovazioni tecnologiche che permettono di aumentare i rendimenti dei generatori e di diminuire drasticamente l’emissione di sostanze inquinanti.

Secondo l’International Energy Agency (IEA), la biomassa rappresenta circa il 10% dell’energia primaria consumata a livello globale, rendendola la quarta fonte energetica più utilizzata dopo il petrolio, il carbone e il gas naturale.

A livello italiano, le ultime statistiche disponibili, risalenti al 2021, mostrano come attualmente la ripartizione delle fonti energetiche utilizzate dagli italiani per riscaldare casa sono così suddivise:

  • Metano 68%
  • Biomassa 15%
  • Energia elettrica 8,5%
  • GPL e Gasolio 7,1%
  • Energia solare 1,4%

In realtà, rispetto alle precedenti statistiche del 2013, risalenti quindi a dieci anni fa, le percentuali sono rimaste sostanzialmente invariate (c’è stato un lieve incremento dell’energia elettrica a sfavore del metano). In ogni caso le cosiddette energie rinnovabili rappresentano una fetta importante della componente energetica italiana: nel 2020, secondo i dati riportati dal GSE, il 20,4% dei consumi energetici complessivi era dato da fonti rinnovabili. E la biomassa è probabilmente la fonte rinnovabile per eccellenza.

Quindi la soluzione per avere un riscaldamento sostenibile ed ecologico è convertire tutti gli impianti di riscaldamento in impianti alimentati a biomassa?

In questo articolo faremo una panoramica sul mondo della biomassa per il riscaldamento domestico: non vedremo solo cos’è, ma vedremo anche come funziona il riscaldamento a biomassa, quali sono le tipologie di caldaie in commercio e vedremo anche le possibili criticità di questi sistemi di riscaldamento.

Cos’è la biomassa?

Biomassa: derivati dal legno

Che cosa si intende per biomassa? È inutile parlare di biomassa se non abbiamo chiaro cosa sia. Quindi, anche se potrebbe essere banale, iniziamo approfondendo il suo significato.

Parlando di biomassa dobbiamo distinguere tra la definizione generale e quella energetica, che interessa a noi. In termini generici è l’insieme di tutti gli organismi vegetali ed animali presenti nell’ambiente. Noi stessi ne facciamo parte.

Dal punto di vista energetico invece possiamo fare riferimento alla direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, che all’articolo 2 ci dice che cos’è:

La frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.

Direttiva 2009/28/CE

Quindi la biomassa si riferisce a qualsiasi materia organica che può essere utilizzata come fonte di energia. Questa materia può derivare da piante, animali o microorganismi. Dal punto di vista chimico è composta principalmente da carbonio, idrogeno e ossigeno, con minori quantità di azoto e altri elementi. La sua struttura polimerica, che può includere cellulosa, emicellulosa e lignina, la rende un candidato ideale per la produzione di energia attraverso vari processi, tra cui la combustione diretta, la gassificazione e la pirolisi.

Fonti Principali di Biomassa

Quali tipi di biomasse ci sono? Le fonti di biomassa sono estremamente variegate e possono essere classificate in diverse categorie:

  • Biomassa legnosa: Include legno da foreste, rami, foglie e corteccia. Questa è la forma più comune di biomassa utilizzata per il riscaldamento e rappresenta una fonte significativa di energia in molte regioni del mondo.
  • Residui agricoli: Si tratta di scarti derivanti da attività agricole, come paglia, lolla di riso e gusci di noci. Questi materiali, spesso considerati rifiuti, possono essere trasformati in preziose fonti di energia.
  • Residui industriali: Scarti provenienti da industrie legate al legno, come segatura, trucioli e scarti di lavorazione.
  • Biomassa animale: Include letame e altri rifiuti animali, che possono essere utilizzati per produrre biogas attraverso processi di digestione anaerobica.
  • Colture energetiche: si tratta di piante coltivate specificamente per la produzione di energia. Per il riscaldamento si tratta di piante erbacee e legnose perenni, come il miscanto, la canna gigante, il salice e il pioppo

Tipologie di Biomassa per il Riscaldamento

Chiaramente non tutte le biomasse che abbiamo appena elencato vengono utilizzate nel riscaldamento domestico e soprattutto la biomassa subisce spesso un processo di trasformazione preliminare prima di essere utilizzata.

Le principali forme in cui vengono utilizzate le biomasse ai fini del riscaldamento sono le seguenti:

Tronchetti e legna da ardere

Tradizionalmente utilizzati nelle stufe e nei caminetti, sono una delle forme più antiche di biomassa per il riscaldamento. La legna deve essere ben stagionata per garantire una combustione efficiente e ridurre le emissioni.

Pellet di legno

Sono piccoli cilindri compressi di segatura e residui di legno. Hanno un alto potere calorifico e bruciano in modo molto efficiente. Sono ideali per stufe e caldaie specifiche per pellet.

Cippato

Si tratta di pezzi di legno di piccole dimensioni ottenuti dalla triturazione di rami e piccoli tronchi. Sono utilizzati principalmente in caldaie a biomassa di dimensioni maggiori, spesso in contesti non strettamente domestici come piccoli impianti di riscaldamento centralizzato.

Briquette

Sono blocchi compressi di biomassa, simili ai pellet ma di dimensioni maggiori. Possono essere fatti di legno, paglia o altri materiali organici. Offrono una combustione lenta e costante.

Biogas

Prodotto dalla fermentazione anaerobica di materiale organico come rifiuti alimentari, letame e colture energetiche. Può essere utilizzato in caldaie e stufe appositamente progettate.

Grassi e oli vegetali

Sebbene non molto diffusi, alcune caldaie possono essere adattate per bruciare oli vegetali puri o grassi animali. Questi possono essere sottoprodotti dell’industria alimentare o colture specificamente coltivate come colza o girasole.

Vedremo a breve quali sono le tipologie di caldaie a biomassa più diffuse, e di conseguenza quali sono le biomasse più utilizzate. Ad ogni modo, sebbene siano tutte facilmente reperibili, la scelta della tipologia di biomasse da utilizzare dipende da vari fattori, tra cui la disponibilità locale, il tipo di impianto di riscaldamento installato e le preferenze individuali. È in ogni caso essenziale assicurarsi che la biomassa utilizzata provenga da fonti sostenibili e che l’impianto di riscaldamento sia adeguato e ben mantenuto per garantire un’efficienza ottimale e ridurre al minimo le emissioni nocive.

Valutare l’efficacia di una biomassa

Per valutare l’efficacia di una biomassa bisogna fare riferimento ad alcuni parametri fisico-chimici. In particolare il più significativo è il potere calorifico.

In linea generale il potere calorifico di una sostanza rappresenta la quantità di energia termica che può essere liberata durante la sua combustione completa in presenza di ossigeno. Esso è solitamente espresso in megajoule per chilogrammo (MJ/kg) o in kilocalorie per chilogrammo (kcal/kg). In pratica, indica quanta energia può essere ottenuta bruciando un’unità di massa di una determinata sostanza.

Il potere calorifico può essere ulteriormente suddiviso in:

  • Potere Calorifico Superiore (PCS): Rappresenta l’energia totale rilasciata durante la combustione, includendo l’energia utilizzata per vaporizzare l’acqua presente nel combustibile (l’umidità) e l’acqua prodotta durante la combustione.
  • Potere Calorifico Inferiore (PCI): Esclude l’energia utilizzata per vaporizzare l’acqua e rappresenta l’energia effettivamente disponibile per il riscaldamento. È il PCI che viene comunemente utilizzato nelle applicazioni pratiche.
Potere Calorifico delle Biomasse

Le biomasse, essendo materiali organici, hanno un potere calorifico che varia in base alla loro composizione chimica, al contenuto di umidità e ad altri fattori. In generale, il potere calorifico delle biomasse è inferiore a quello dei combustibili fossili come il petrolio o il carbone, quindi in genere l’efficienza dei sistemi di riscaldamento basati su biomassa è minore.

Ecco alcuni esempi di poteri calorifici di diverse biomasse (valori approssimativi):

  • Legno: 15-20 MJ/kg (a seconda del tipo e dell’umidità)
  • Pellet di legno: 17-19 MJ/kg
  • Cippato: 10-16 MJ/kg
  • Residui agricoli (es. paglia): 12-18 MJ/kg
  • Biogas: 20-25 MJ/m³

I valori non sono univoci perché il contenuto di umidità delle biomasse gioca un ruolo cruciale nel determinare il potere calorifico della biomassa.

Biomasse con un alto contenuto di umidità (quindi sostanzialmente più “bagnate”) richiedono maggiore energia per la vaporizzazione dell’acqua, riducendo così l’energia netta disponibile per il riscaldamento. Questo è il motivo per cui la stagionatura e la corretta conservazione delle biomasse sono essenziali per mantenere un potere calorifico ottimale.

Perché la biomassa è considerata una fonte energetica rinnovabile?

Approfondiremo più avanti gli aspetti ambientali della biomassa, per ora diciamo solo che viene considerata una risorsa rinnovabile: a differenza dei combustibili fossili può essere rigenerata in breve tempo attraverso processi naturali o agricoli. Inoltre, la sua combustione produce un bilancio di carbonio quasi neutro, poiché la quantità di CO2 rilasciata è approssimativamente uguale a quella assorbita dalle piante durante la loro crescita. Questo contrasta con i combustibili fossili, che rilasciano carbonio immagazzinato da milioni di anni. Infine, la biomassa, se prodotta e utilizzata in modo sostenibile, può contribuire alla gestione dei rifiuti organici, trasformando scarti agricoli e forestali in preziose fonti di energia.

Come funziona il riscaldamento a biomassa

Riscaldamento a biomassa

La conversione della biomassa in calore avviene attraverso un processo termodinamico di combustione. Di base, durante la combustione, la biomassa reagisce con l’ossigeno nell’aria, producendo calore, anidride carbonica e acqua. Questa reazione esotermica libera l’energia chimica immagazzinata nella biomassa, trasformandola in energia termica.

La combustione della biomassa può essere rappresentata dalla seguente equazione generica:

Biomassa + O2 → Energia (calore) + CO2 + H2O

La combustione delle biomasse avviene in tre fasi principali:

  1. Essiccazione (evaporazione dell’acqua)
  2. Pirolisi-gassificazione (degradazione della biomassa in assenza o parziale presenza di ossigeno)
  3. Ossidazione del carbone e dei gas combustibili

Dal punto di vista termodinamico, l’efficienza della combustione dipende da vari fattori, tra cui la composizione della biomassa, il contenuto di umidità e le condizioni operative (cioè l’efficienza della caldaia). Le moderne caldaie a biomassa hanno efficienze che superano il 90% (cioè viene utilizzato oltre il 90% del calore potenziale contenuto nella biomassa): si tratta di valori elevati, sebbene inferiori a quelli delle moderne caldaie a condensazione (superiori al 100%).

Il calore generato dalle biomasse può essere utilizzato come in qualsiasi altro impianto di riscaldamento tradizionale: viene cioè ceduto ad un fluido termovettore che ha lo scopo di farlo arrivare all’ambiente attraverso dei terminali. Il fluido termovettore più utilizzato è l’acqua, che alimenta termosifoni e pannelli radianti, in alternativa viene utilizzata l’aria che viene immessa in ambiente attraverso canalizzazioni e bocchette.

Caldaie a biomassa: funzionamento e componenti

Prima di vedere le tipologie di caldaie a biomassa, capiamo come funzionano e quali sono i principali componenti. Infatti differiscono dalle caldaie tradizionali a gas sotto vari aspetti, principalmente a causa delle caratteristiche uniche della biomassa come combustibile.

Una caldaia a biomassa è tipicamente composta dai seguenti elementi:

  1. Camera di Combustione: Progettata per resistere a temperature che possono raggiungere e superare i 1.000°C, la camera di combustione è rivestita con materiali refrattari che riducono la perdita di calore e proteggono la struttura della caldaia.
  2. Sistema di Alimentazione: Le caldaie a biomassa di dimensioni industriali possono avere una capacità di alimentazione di oltre 50 tonnellate di biomassa al giorno. In ogni caso anche le caldaie a biomassa domestica hanno un sistema di alimentazione che in sostanza trasferisce la biomassa da un contenitore all’interno della camera di combustione. Solitamente si utilizzano sistemi di coclea (vite di archimede) o nastri trasportatori che operano a velocità regolabili per garantire un’efficace alimentazione del combustibile.
  3. Griglia aerazione: la griglia serve per regolare la quantità d’aria che entra nella camera di combustione. Si tratta di un elemento fondamentale per ottimizzare il rendimento della caldaia in quanto deve garantire una distribuzione uniforme dell’aria e una combustione ottimale.
  4. Scambiatore di Calore: lo scambiatore di calore è quell’elemento che trasferisce il calore generato dalla combustione al fluido scaldante (fluido termovettore), cioè quello che fisicamente rilascerà calore nell’ambiente. Il fluido termovettore tipicamente è acqua (per un impianto a termosifoni o radiante), ma potrebbe essere anche aria. Gli scambiatori di calore moderni possono avere un’efficienza superiore al 90%, il che significa che oltre il 90% del calore prodotto dalla combustione viene trasferito al fluido termovettore.
  5. Sistema di Estrazione Fumi e controllo delle emissioni: come in ogni combustione, bruciare le biomasse produce dei fumi, che contengono microparticelle dannose per la salute dell’uomo. Il sistema di estrazione dei fumi ha lo scopo di veicolare verso l’esterno tali residui e di filtrarli in modo da non disperderli nell’ambiente. Le emissioni di particolato dalle caldaie a biomassa sono tipicamente inferiori a 30 mg/Nm³, grazie a filtri e purificatori avanzati che riducono le emissioni nocive.
  6. Sistema di Controllo e Regolazione: Le moderne caldaie a biomassa sono dotate di sistemi di controllo PLC (controllore logico programmabile) avanzati che monitorano costantemente tutti i parametri operativi, tra cui temperatura, pressione e flusso d’aria.

Tipologie di caldaie a biomassa

Caldaia a biomassa

Finora abbiamo chiarito cosa è una biomassa dal punto di vista energetico, abbiamo capito che per produrre calore la biomassa deve essere bruciata, abbiamo visto quali sono le biomasse utilizzate per il riscaldamento, abbiamo visto quale parametro bisogna ricercare per valutare l’efficacia di una biomassa e come funziona una caldaia a biomassa.

A questo punto dobbiamo spendere alcune parole sulle caldaie che funzionano a biomassa e in particolare sulla loro classificazione in base al processo di combustione che utilizzano.

Infatti, a differenza di quello che si può pensare, il calore non viene ricavato esclusivamente dalla combustione diretta della biomassa, ma esistono anche altre tecnologie. Vediamole brevemente.

Caldaie a combustione diretta

Le caldaie a biomassa a combustione diretta sono dispositivi progettati per operare con efficienze termiche comprese tra l’80% e il 90%, a seconda della progettazione e delle condizioni operative. In questi sistemi, la biomassa viene bruciata direttamente in una camera di combustione che può raggiungere temperature di 800°C-1000°C. L’energia termica prodotta varia in base alla capacità della caldaia, con modelli domestici che producono tra i 10 e i 50 kW, mentre le unità industriali possono superare i 10 MW.

Il rapporto aria/combustibile è un parametro cruciale, solitamente mantenuto tra 1,5:1 e 2:1, per garantire una combustione completa e ridurre le emissioni di monossido di carbonio (CO). Le emissioni di particolato (PM10) sono tipicamente mantenute al di sotto dei 50 mg/Nm³ grazie a sistemi di filtrazione avanzati.

Il contenuto di umidità del combustibile influisce notevolmente sull’efficienza della caldaia. Per esempio, un legno con un contenuto di umidità del 20% avrà un potere calorifico inferiore (circa 15 MJ/kg) rispetto a un legno con un contenuto di umidità del 10% (circa 18 MJ/kg). Pertanto, la biomassa deve essere adeguatamente stagionata e conservata per garantire un funzionamento ottimale.

Le caldaie a combustione diretta sono inoltre dotate di sistemi di controllo avanzati che monitorano costantemente parametri come la temperatura della camera di combustione, il flusso d’aria e la pressione, per ottimizzare la combustione e garantire sicurezza.

Pro:

  1. Versatilità del Combustibile: Possono bruciare una vasta gamma di biomasse, compresi legno, cippato, pellet e residui agricoli.
  2. Riduzione delle Emissioni: Quando utilizzate correttamente, producono meno emissioni di gas serra rispetto ai sistemi a combustibili fossili.
  3. Economia: La biomassa può essere meno costosa rispetto ad altri combustibili, specialmente in aree con abbondanti risorse forestali o agricole.
  4. Supporto Governativo: In molti paesi, ci sono incentivi e sovvenzioni per l’installazione di caldaie a biomassa, rendendole economicamente vantaggiose.

Contro:

  1. Dimensioni e Spazio: Le caldaie a biomassa tendono ad essere più grandi rispetto alle caldaie tradizionali e richiedono spazio per la conservazione del combustibile.
  2. Manutenzione: Richiedono una manutenzione regolare per garantire un funzionamento efficiente e sicuro.
  3. Emissioni di Particolato: Se non gestite correttamente, possono produrre emissioni di particolato (PM10) che possono avere impatti sulla qualità dell’aria.
  4. Efficienza: L’efficienza può diminuire se la biomassa ha un alto contenuto di umidità o se la caldaia non è regolata correttamente.
  5. Costi Iniziali: L’investimento iniziale per l’acquisto e l’installazione può essere più alto rispetto ad altre soluzioni di riscaldamento.

Caldaie a gassificazione

Le caldaie a gasificazione rappresentano una tecnologia avanzata nel campo delle caldaie a biomassa. Questi dispositivi operano attraverso un processo a due fasi: inizialmente, la biomassa viene parzialmente combusta in condizioni di scarsa presenza di ossigeno, producendo un gas di sintesi (o syngas) composto principalmente da monossido di carbonio, idrogeno e metano. In una seconda fase, questo gas viene bruciato in una camera di combustione separata, rilasciando energia termica.

Dal punto di vista tecnico, le caldaie a gasificazione presentano alcune specifiche distintive:

  • Efficienza: Grazie al processo di gasificazione, queste caldaie possono raggiungere efficienze termiche superiori al 90%.
  • Temperatura di Operazione: La gasificazione avviene tipicamente a temperature comprese tra 800°C e 1.000°C, permettendo una combustione più completa e pulita del gas prodotto.
  • Rapporto Aria/Combustibile: Durante la fase di gasificazione, il rapporto aria/combustibile è mantenuto intenzionalmente basso, spesso inferiore a 0,25:1, per favorire la produzione di syngas piuttosto che una combustione completa.
  • Emissioni: Le emissioni di particolato e di composti organici volatili (COV) sono generalmente ridotte rispetto alle caldaie a combustione diretta, grazie alla combustione più completa del gas di sintesi.
  • Flexibilità del Combustibile: Le caldaie a gasificazione possono operare con una vasta gamma di biomasse, compresi legni di vario tipo, cippato e alcuni residui agricoli. Tuttavia, la qualità e la preparazione del combustibile sono cruciali per garantire un’efficace gasificazione.

Caldaie a pirolisi

Le caldaie a pirolisi rappresentano una soluzione innovativa nel panorama delle tecnologie di riscaldamento basate sulla biomassa. Queste caldaie sfruttano il processo di pirolisi, che consiste nella decomposizione termica della biomassa in assenza di ossigeno, producendo un gas combustibile, un liquido (olio di pirolisi) e un solido (biochar).

Ecco alcune specifiche tecniche e caratteristiche delle caldaie a pirolisi:

  • Temperatura di Operazione: La pirolisi avviene tipicamente a temperature comprese tra 400°C e 600°C. Questo range di temperatura permette di ottenere un equilibrio ottimale tra la produzione di gas, liquido e solido.
  • Rendimento: Le caldaie a pirolisi possono raggiungere rendimenti termici dell’ordine dell’85%-90%, a seconda della tecnologia e della qualità del combustibile utilizzato.
  • Qualità del Combustibile: La biomassa utilizzata per la pirolisi deve essere asciutta, con un contenuto di umidità inferiore al 10% per garantire un’efficace decomposizione termica. Legni, cippato e pellet sono tra i combustibili più comunemente utilizzati.
  • Emissioni: Grazie al processo di pirolisi, le emissioni di composti organici volatili (COV) e particolato sono generalmente ridotte. Tuttavia, la gestione dei sottoprodotti, in particolare l’olio di pirolisi, richiede attenzione per minimizzare l’impatto ambientale.
  • Biochar: Uno dei sottoprodotti della pirolisi è il biochar, un tipo di carbone vegetale che può essere utilizzato come miglioratore del suolo o come materiale di stoccaggio del carbonio, contribuendo alla mitigazione dei cambiamenti climatici.

In sintesi, le caldaie a pirolisi offrono un approccio efficiente e sostenibile alla conversione della biomassa in energia termica. La capacità di produrre non solo energia, ma anche sottoprodotti preziosi come il biochar, rende questa tecnologia particolarmente attraente dal punto di vista ambientale e economico.

Impatto ambientale e sostenibilità del riscaldamento a biomassa

La biomassa è una fonte energetica pulita?

Da quanto detto finora i sistemi di riscaldamento a biomassa emergono come una soluzione non solo efficiente ma anche ecologica e sostenibile. Ma non e sempre oro quello che luccica. Risulta importante affrontare in modo critico l’aspetto dell’impatto ambientale delle biomasse, anche i relazione ad altri sistemi di produzione del calore.

Emissioni di carbonio: un confronto critico

Abbiamo già avuto modo di accennare al fatto che la biomassa abbia un impatto nullo a livello di emissioni di anidride carbonica: infatti con la combustione rilascia nell’ambiente il carbonio che ha assorbito durante la sua crescita. Ciò non significa che sia completamente neutra in termini di carbonio.

Partiamo dai dati positivi facendo un confronto tra le emissioni di CO2 di vari combustibili: per ogni megawattora di energia primaria prodotta, il gasolio emette in atmosfera 326 kg di CO2 equivalente, il GPL 270 kg di CO2 equivalente, il metano 250 kg di CO2 equivalente, il pellet solo 29 kg di CO2 equivalente, la legna da ardere 25 kg di CO2 equivalente.

Naturalmente bruciare pellet e legna produce molta più CO2 di quanto riportato qui, ma come abbiamo detto sopra va considerato l’intero ciclo del carbonio, quindi anche quella assorbita con la crescita della biomassa, ed ecco che il bilancio è decisamente positivo rispetto ai combustibili di origine fossile.

Tuttavia, questo dato presuppone un approvvigionamento e una gestione sostenibili della biomassa. La deforestazione e l’uso non sostenibile delle risorse possono annullare questi benefici.

Approvvigionamento delle biomasse: non sempre sostenibile

Sebbene esistano standard come il FSC o il PEFC per garantire la sostenibilità, non tutte le aziende li seguono rigorosamente. La domanda crescente di biomassa può portare a pratiche di deforestazione, compromettendo la biodiversità e l’equilibrio ecologico. A tal proposito dovrebbe essere attuato un controllo attivo relativo alla riforestazione dei siti produttivi delle biomasse.

Inoltre, essendo le biomasse sostanzialmente più voluminose di altri fonti energetiche, il loro trasporto richiede l’utilizzo di mezzi di grandi dimensioni che sono sicuramente più inquinanti. Ecco perché dovrebbe essere prevista una filiera corta della biomassa: dovrebbe trattarsi di uno sfruttamento decentrato, dove cioè i siti di produzione da cui vengono approvvigionate le biomasse si trovano nei pressi degli impianti. Questo con lo scopo di ridurre al minimo le distanze e quindi le emissioni di CO2.

Inoltre, visto a larga scala, l’uso di terreni agricoli per produrre biomassa può competere con la produzione alimentare, portando a potenziali aumenti dei prezzi degli alimenti e alla deforestazione per creare nuovi terreni agricoli.

Produzione di Polveri Sottili nei Sistemi di Riscaldamento a Biomassa

Chiarito che la combustione della biomassa rappresenta una fonte energetica rinnovabile con impatto quasi zero sul fronte della produzione di anidride carbonica, le reali problematiche per l’inquinamento dato dalla biomassa riguarda il rilascio in atmosfera di particolato fine, noto come PM10 e PM2.5.

Le PM10 e PM2.5 sono particelle atmosferiche sospese in cui “PM” sta per “particulate matter (materia particolata in italiano). Le particelle PM10 hanno un diametro di 10 micron (micrometri) o meno. Per capire quanto sono piccole, un capello umano ha un diametro medio di circa 50-70 micron, quindi le particelle PM10 sono molto più piccole e non visibili ad occhio nudo. Possono essere inalate e raggiungere le vie respiratorie inferiori. Le PM2.5 sono particelle ancora più piccole, con un diametro di 2,5 micron o meno. Entrambe sono pericolose per la salute umana perché riescono a penetrare capillarmente all’interno dei polmoni, ma le PM2.5 riescono addirittura a raggiungere gli alveoli ed entrare nel flusso sanguigno dimostrandosi particolarmente preoccupanti dal punto di vista sanitario a causa del loro potenziale impatto sul sistema respiratorio e cardiovascolare. Infatti entrambe le categorie di particelle possono trasportare altre sostanze con sé, come metalli pesanti, composti organici e altri inquinanti: stiamo parlando di sostanze cancerogene. Uno studio britannico pubblicato nel 2023 sulla rivista Nature, evidenzia come il particolato PM2.5 ha un ruolo importante nello sviluppo di tumori, anche tra persone che non hanno mai fumato. Proprio a causa dei rischi per la salute associati all’esposizione a PM10 e PM2.5, molti paesi hanno stabilito standard e linee guida per limitare le concentrazioni di queste particelle nell’aria.

Ma quanto particolato producono le caldaie a biomassa?

Lo studio Dove c’è fuoco c’è fumo, le emissioni dal riscaldamento domestico con legna, prodotto dall’European enviromental bureau, ha evidenziato come ad oggi iI riscaldamento domestico a base principalmente di legna e in parte di carbone, realizzato con stufe e caldaie di impianti domestici autonomi, emette circa la metà di tutto il particolato fine all’interno dell’Unione Europea.

Ma prima di puntare il dito contro le caldaie a biomassa e rinunciare a questa tipologia di impianto di riscaldamento, dobbiamo capire un po’ i numeri. Detto che la normativa impone come limite di emissione il valore di 100 mg/Nm3 (cfr. Allegato IX alla parte quinta del d.lgs. 152/2006),dati statistici ci dicono che mediamente, in base alla tecnologia e all’efficienza, le caldaie a biomassa legnosa (quelle più diffuse) possono emettere valori di PM10 che variano tra 15 e 150 mg/Nm3: si tratta di un range abbastanza ampio, che è influenzato da vari fattori. Principalmente la tipologia e qualità del combustibile (il legno produce molti più inquinanti), ma anche la tecnologia di combustione e la presenza di sistemi di filtrazione svolgono un ruolo fondamentale. In tale ottica bisogna tenere in considerazione che gran parte del riscaldamento a biomassa attualmente in funzione deriva da camini, stufe e caldaie di vecchia generazione, con scarsa efficienza da questo punto di vista.

Invece, prendendo a riferimento una caldaia a Pellet moderna a 5 stelle (il massimo della certificazione possibile), la produzione di particolato si attesta attorno ai 10 mg/Nm3, quindi valori molto al di sotto dei limiti di legge.

Facciamo però una comparazione con quanto producono i combustibili fossili, in particolare il gas naturale (metano). Detto che questa tipologia di impianto ha problemi dal punto di vista della produzione di CO2, per quanto riguarda la produzione di particolato produce emissioni quasi trascurabili, spesso meno di 5 mg/Nm3.

Per tirare le somme, il riscaldamento a biomassa ha sicuramente degli aspetti positivi dal punto di vista ambientale, ma presenta ancora delle criticità che devono essere prese in considerazione. Di sicuro è indispensabile sostituire i vecchi sistemi a biomassa con altri più moderni. Di questo sono consapevoli in particolare le Regioni dell’area Padana, la zona con più alta concentrazione di polveri sottili di tutta Europa, che hanno già emanato leggi che limitano l’accensione di sistemi di riscaldamento a biomassa sotto un determinato grado di efficienza (variabile a seconda della Regione).

Quanto costa e quanto permette di risparmiare un sistema di riscaldamento alimentato a biomassa?

Costi di un impianto di riscaldamento a biomassa

A questo punto è necessario parlare dell’aspetto economico. Infatti, nell’ottica di un investimento in sistemi di riscaldamento a biomassa, è necessario valutare non solo l’investimento iniziale, ma anche i costi operativi e le opportunità offerte dalle agevolazioni fiscali che lo Stato mette a disposizione.

Infatti parliamo di un sistema di riscaldamento i cui costi iniziali sono importanti e sicuramente superiori rispetto a quelli di una classica caldaia a condensazione.

Investimento iniziale e costi di installazione

L’investimento iniziale per un sistema di riscaldamento a biomassa varia in base alla potenza della caldaia, al tipo di biomassa utilizzata e alla complessità dell’installazione. In Italia, una caldaia a biomassa di media potenza (fino ad un massimo di 35 kW) può avere un costo compreso tra 3.000 e 8.000 euro. Questo prezzo può aumentare in base alle specifiche tecniche e alle funzionalità aggiuntive.

I costi di installazione invece, che includono la preparazione del sito, l’installazione della caldaia e la connessione ai sistemi esistenti, possono variare tra 1.000 e 3.000 euro, a seconda della complessità del progetto.

Attenzione: questi costi si riferiscono solo alla fornitura e messa in opera del generatore di calore a biomassa. Tutti i costi relativi al sistema di distribuzione, regolazione ed emissione dell’impianto di riscaldamento vanno calcolati a parte, così come eventuali costi di adeguamento del locale tecnico in cui viene ubicata la caldaia.

Costi operativi: potenziali risparmi rispetto ai sistemi di riscaldamento tradizionali

Se in un sistema di riscaldamento tradizionale a gas il costo di gestione è valutabile con le bollette, la gestione di un impianto a biomassa si valuta sul costo di acquisto del combustibile, che può variare in modo significativo a seconda della tipologia e del periodo di acquisto. C’è da evidenziare che i materiali di origine legnosa sono tra quelli che hanno subito un aumento dei costi maggiori negli ultimi anni.

  • Pellet: Il costo medio del pellet di legno si aggira tra i 350 e i 450 euro per tonnellata. Considerando un consumo medio annuo di 3 tonnellate per un’abitazione di dimensioni medie, ciò si traduce in una spesa annua di circa 1.050-1.350 euro.
  • Cippato: Il cippato ha un costo inferiore rispetto al pellet, variando tra i 100 e i 150 euro per tonnellata. Tuttavia, le caldaie che utilizzano cippato tendono ad essere di dimensioni maggiori e sono più comuni in applicazioni industriali o in edifici di grandi dimensioni.
  • Legna da Ardere: La legna da ardere è un’altra opzione popolare, con costi che variano in base alla regione e alla stagionalità. In media, il costo si aggira intorno ai 250 euro a tonnellata.

Naturalmente nei costi di gestione non vanno scordati quelli di manutenzione:

  • Manutenzione Ordinaria: La manutenzione regolare è essenziale per garantire l’efficienza e la sicurezza dell’attrezzatura. Questa include la pulizia dei condotti di fumo, la verifica delle guarnizioni e la pulizia del bruciatore. Il costo medio per una manutenzione ordinaria si aggira tra i 100 e i 150 euro all’anno.
  • Manutenzione Straordinaria: Ogni pochi anni, potrebbe essere necessario sostituire componenti soggetti a usura, come le guarnizioni o i componenti elettronici. Questi interventi possono variare tra i 200 e i 500 euro, a seconda dell’entità del lavoro e dei pezzi da sostituire.

Incentivi, sovvenzioni e detrazioni fiscali

Parlando dei costi di un impianto a biomassa bisogna fare riferimento anche a tutte le misure di incentivazione che è possibile sfruttare, in quanto possono abbattere in modo significativo il costo di installazione.

Infatti per l’installazione di impianti di riscaldamento a biomassa lo stato italiano ha introdotto, ormai da svariati anni, una serie di incentivi con lo scopo di promuovere l’adozione di sistemi di riscaldamento meno inquinanti rispetto agli attuali. Le principali misure a disposizione del cittadino sono tre: l’ecobonus, il bonus ristrutturazioni e il conto termico. Le prime due sono detrazioni fiscali, cioè sono sconti sulle tasse, il terzo invece è un incentivo vero e proprio con cui lo stato rimborsa parte della spesa.

Ecobonus per la biomassa

L’ecobonus è la detrazione principale a cui poter accedere: infatti comprende una vasta serie di misure dedicate proprio al contenimento dei consumi energetici. E anche l’installazione di impianti di riscaldamento alimentati a biomassa rientra tra le misure previste.

Le detrazioni dell’ecobonus arrivano fino al 65% della spesa totale, nel caso dell’installazione di caldaie a biomassa tale detrazione è pari al 50%. Il motivo è che, a differenza di altri sistemi di produzione di calore detraibili al 65%, sono considerati meno efficienti e più inquinanti, per i motivi che abbiamo già detto.

Un aspetto importante da sottolineare è che l’installazione della caldaia a biomassa deve configurarsi come sostituzione di un precedente impianto di riscaldamento e non come nuova installazione. Inoltre devono essere rispettate determinate caratteristiche di prestazione energetica e, nel caso in cui la sostituzione comprende l’intero impianto, quindi anche tubazioni e terminali, il risparmio conseguito deve essere dimostrato attraverso una specifica relazione di calcolo da depositare.

La detrazione massima è pari a 30.000€, comprensiva di iva ed eventuali spese tecniche, corrispondente ad una spesa di 60.000€, da suddividere in 10 rate annuali di pari importo.

Il bonus ristrutturazioni e le biomasse

Il bonus ristrutturazioni è specificamente pensato per incentivare la ristrutturazione delle case. Anche l’installazione di una nuova caldaia a biomassa rientra tra le opere detraibili secondo questa misura.

In questo caso può rientrare in detrazione anche l’installazione di una caldaia a biomassa dove prima non fosse presente alcun impianto di riscaldamento, però tale detrazione non può essere sfruttata per completare case nuove o in costruzione.

Infatti è dedicata principalmente alle opere di manutenzione straordinaria su edifici residenziali esistenti: quindi la casa deve esistere, deve essere in regola e deve essere accatastata come residenza (classe A del catasto).

La detrazione è pari al 50% da calcolare su una spesa massima di 96.000€ iva e spese tecniche comprese (detrazione massima pari a 48.000€). I requisiti dell’impianto sono gli stessi che abbiamo già visto per l’ecobonus così come la rateizzazione della detrazione.

Il conto termico: soldi per la nuova caldaia a biomassa

L’ultima detrazione di cui parlare è il “Conto Termico”, che in teoria potrebbe essere quello maggiormente appetibile perché offre contributi economici per l’installazione di impianti di riscaldamento efficiente, quindi anche per l’installazione di caldaie a biomassa ad alta efficienza.

Quindi non si detraggono le somme dalle tasse ma vengono corrisposte come incentivo economico che viene corrisposto dal GSE (Gestore Servizi Energetici) con due bonifici.

Eppure è quella meno utilizzata per vari motivi. Il primo è che l’incentivo non è fisso ma è variabile fino al 65%, e la percentuale di incentivo viene calcolata caso per caso seguendo una lunga serie di parametri abbastanza complessi.

Per arrivare alla detrazione massima di solito è necessario effettuare costosi interventi che coinvolgono l’intera abitazione e la sola sostituzione del generatore di calore raramente porta a incentivi elevati. Inoltre bisogna tenere in considerazione le spese tecniche: predisporre una pratica di conto termico è abbastanza impegnativo, richiede specifiche competenze e non è economico.

Anche il conto termico, come l’ecobonus, è dedicato alla sostituzione di caldaie esistenti e non alla nuova installazione. Però non tutte le caldaie esistenti consentono di accedere al conto termico. Infatti tale agevolazione vale solo se la caldaia esistente è una delle seguenti:

  • Caldaia a gasolio;
  • Caldaia a legna;
  • Caldaia a biomassa di vecchia generazione;
  • Termostufa;
  • Termocamino

Non sono quindi incentivate le sostituzioni di caldaie a metano o gpl. Che sono quelle più presenti nelle case.

Naturalmente la nuova caldaia a biomassa deve rispettare specifici requisiti: nello specifico il requisito principale è che deve essere di Classe 5 secondo la normativa (EN 303-5:2021). 

Conclusione

In questo articolo abbiamo affrontato vari aspetti del riscaldamento a biomassa. Abbiamo avuto modo di vedere come, dopo il riscaldamento con sistemi fossili, rappresenta il secondo vettore energetico più utilizzato in ambito domestico.

Di sicuro gli impianti alimentati a biomassa non sono per tutti: non tanto per l’investimento iniziale, che comunque rappresenta un grosso punto da affrontare, quanto per la necessità di effettuare un approvvigionamento costante durante la stagione invernale. La biomassa, che sia legno, pellet, cippato o quant’altro, non arriva in casa attraverso un tubo come il metano, ma deve essere caricato di volta in volta.

Quindi spesso le caldaie a biomassa risultano scomode per chi ha appartamenti all’interno di condomini, dove bisogna superare l’ostacolo del piano da raggiungere e degli adeguati spazi dove stoccare la biomassa. Oltre alle dimensioni importanti di queste caldaie. Infatti è vero che esistono stufe di dimensioni ridotte, ma quando le caldaie a biomassa devono alimentare tutto l’impianto di riscaldamento domestico, richiedono spazi maggiori e locali dedicati.

Non sono poi da scordare gli aspetti ambientali. Infatti l’utilizzo della biomassa viene spesso descritta come ecologica. E in fondo ha anche senso perché vengono bruciati composti di origine naturale. Dal punto di vista ambientale, quando gestita correttamente, può contribuire significativamente alla riduzione delle emissioni di carbonio, offrendo una soluzione più sostenibile rispetto ai combustibili fossili. Ma non bisogna scordarsi che le emissioni di particolato sono un aspetto da tenere sotto controllo: non solo dal punto di vista dell’emissione in ambiente, ma anche dal punto di vista dell’emissione all’interno della casa. Una manutenzione costante e meticolosa è essenziale per garantire che la caldaia non inquini l’aria degli ambienti in cui passiamo il nostro tempo.

Riscaldarsi con la biomassa è un po’ come tornare al passato, ma farlo con le tecnologie che abbiamo a disposizione adesso. E se da un lato offre una valida alternativa ai combustibili fossili, è essenziale affrontare le sue sfide con una visione critica e informata. Solo attraverso una comprensione approfondita, una gestione responsabile e un approvvigionamento sostenibile, la biomassa può realmente essere una soluzione di riscaldamento ecologica e sostenibile per le abitazioni del futuro.

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