Difetto o risorsa?
Ogni tavola di legno racconta una storia. Anelli, venature, variazioni cromatiche: sono i segni del tempo e della crescita. Tradizionalmente i nodi del legno sono stati considerati un difetto, possono compromettere la resistenza meccanica dell’asse e creare difficoltà in fase di lavorazione. Ma è davvero sempre necessario eliminarli? «La pianta nel momento in cui viene tagliata può presentare due tipi di nodi, quelli vivi e incarnati e quelli morti e cadenti. I primi non compromettono la solidità dell’asse e possono essere lavorati senza troppe difficoltà. I secondi, quelli tombati, quando la materia viva legnosa perde l’acqua e si secca, cadono lasciando un buco. Questi vanno eliminati» spiega Bruno Zanin, falegname e ex docente alla Scuola Tecnica San Carlo di Torino. Dal punto di vista tecnico, quindi, i nodi alterano la continuità delle fibre: ciò significa che in alcune applicazioni strutturali, come travi e solai, la loro presenza può ridurre la portanza del legno. La selezione deve essere rigorosa. «Tradizionalmente i nodi venivano sistematicamente eliminati, oggi si cerca di valorizzare il legno nella sua interezza». Tenere un nodo significa consumare meno risorse e ridurre gli scarti, sicuramente. Ma è necessario non compromettere la durabilità…
Articolo pubblicato su Casa Naturale di novembre – dicembre 2025
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