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La (bio) plastica è una risorsa

di Redazione Casa Naturale

Marco Versari

Marco Versari, presidente di Assobioplastica, parla della vita trasformista e virtuosa di shopper, contenitori, posate usaegetta. E di una grande opportunità industriale. 

La parola “plastica” ha sempre fatto inorridire qualunque coscienza green: tecniche produttive inquinanti, tempi biblici di smaltimento, insomma una minaccia per l’ambiente. Ma le bioplastiche, frutto prezioso della ricerca made in Italy, sono tutta un’altra cosa. Casa Naturale ha sentito il parere di Marco Versari, presidente di Assobioplastica.

Cosa sono le bioplastiche e come intervengono negli oggetti della vita quotidiana?

Sono materiali e manufatti (sacchetti, imballaggi, posate) biodegradabili che, negli impianti di compostaggio, si trasformano come qualsiasi altro scarto di cucina che finisce nell’impianto, diventano cioè “compost”, un fertilizzante naturale utile in agricoltura.

Come vengono realizzate? 

La parola bio è connaturata con il fine vita ma anche con la materia prima che serve per produrle, sempre più collegata all’agricoltura: si tratta infatti di prodotti e sottoprodotti dell’agricoltura, amidi vegetali, cellulosa. È una produzione importante per l’industria italiana, che non ha petrolio. Le bioplastiche possono essere prodotte con materie prime derivanti da fonti rinnovabili o di origine fossile, ma il fatto di produrle in Italia con prodotti derivanti dall’agricoltura nazionale è un valore aggiunto.

Quali sono le potenzialità di questi materiali?

Le applicazioni e la diffusione dell’uso di questi manufatti sono collegate alla raccolta dell’umido. L’Italia in questo settore è all’avanguardia, perché è partita prima degli altri sul tema delle raccolte differenziate. È un mercato che permette all’industria italiana di settore di uscire dall’ambito locale e guardare il mondo. Il nostro sistema di raccolta porta a porta è un modello la cui validità è riconosciuta universalmente, esportato in Scandinavia, in Gran Bretagna, in alcune zone degli USA, in Catalogna, con gli stessi contenitori, gli stessi modelli informativi. Qui da noi il panorama della raccolta dell’umido è contraddittorio e non fa sistema: coesistono casi di eccellenza e abissi di trascuratezza, Regioni con il 65% e Regioni con il 5% di raccolta dell’umido. E l’Italia è nelle TV di tutto il mondo quando ci sono i rifiuti per strada, una situazione che non coinvolge tutto il paese, certo, ma il messaggio che passa intacca anche la credibilità del nostro comparto produttivo in questo settore.

Qual è il ruolo del consumatore?

Il cittadino deve essere partecipativo e il suo ruolo è essenziale, ma la Pubblica Amministrazione lo deve mettere nella condizione di essere un consumatore consapevole. Chi abita in una zona dove la raccolta differenziata non si fa, difficilmente utilizzerà prodotti con un valore ambientale. L’industria punta all’innovazione quando è interessata a rispondere ai bisogni del territorio e alle richieste del consumatore, che insorgono se c’è un sistema che valorizza la qualità globale di quello che acquista.

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