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Come raccogliere i rifiuti in acqua? Con Seabin, un bidone dell’immondizia galleggiante

di Sara Perro

Come raccogliere i rifiuti in acqua? Con Seabin, un bidone dell'immondizia galleggiante

Come raccogliere i rifiuti in acqua? Con Seabin, un bidone dell’immondizia galleggiante in grado di raccogliere autonomamente gli scarti. Il progetto è stato sviluppato da Andrew Turton e Pete Ceglinsky, due australiani appassionati di surf che hanno voluto mettere un freno al problema dei rifiuti in mare.

Un dramma ambientale dalle dimensioni titaniche: le stime rivelano che le micro particelle di plastica disperse nell’ambiente marino sono salite in pochi anni da 15 a 51 miliardi, mentre quelle in fibre sintetiche superano addirittura i mille miliardi. A questi numeri, vanno aggiunti quelli degli scarti dei carburanti e degli oli delle navi.  “Immondizia” che solo in parte si disperde al largo, ma che perlopiù si concentra sottocosta, in particolare nei porti e nelle marine.

La soluzione al macro problema non potrà che essere strutturale. Nel frattempo, però, anche azioni dirette e a livello locale per ripulire il proprio “fazzoletto d’oceano” possono contruibuire a migliorare le cose. È questo il ragionamento alla base di Seabin. Il bidone si può agganciare a un molo ed è dotato di una pompa, alimentata elettricamente, che “risucchia” l’acqua al suo interno e la rilascia dopo averla filtrata. È in grado di trattenere rifiuti solidi e liquidi, come gli oli provenienti dai motori dalle barche. Una volta pieno, i filtri si svuotano e può ricominciare il proprio lavoro. 

Ogni Seabin è in grado di raccogliere circa 1,5 chili di rifiuti al giorno, compresi frammenti di microplastiche grandi appena 2 millimetri. Si parla dell’equivalente di 90mila sacchetti di plastica l’anno. Il progetto, nato in Australia come crowdfunding, si è rapidamente sviluppato. Oggi i due ideatori hanno fondato un’azienda, che commercializza il prodotto in tutto il Globo e collabora con alcune fra le più prestigiose marine turistiche del mondo. 

Il sistema, infatti, è pensato, più che per i privati, per quelle realtà che hanno l’interesse e i mezzi per mantenere le acque pulite. Il prezzo di acquisto della tecnologia non è a portata di tutte le tasche: un singolo “bidoncino” costa circa 3.300 euro. Ma, se correttamente implementato, abbatte la spesa necessaria per la periodica pulizia delle acque (ad esempio, in una marina) al costo di circa 1 dollaro al giorno.

Diversi porti in tutto il mondo l’hanno adottato: Porto Adriano a Palma de Mallorca, Wartsila a Helsinki, Porto Montenegro, La Grand Motte di Montpellier, Butterfield nelle Bermuda e Safe Harbour in California. E per quanto riguarda i pesci?  Cosa succede se vengono risucchiati dalla pompa? In realtà, a detta dei produttori, il problema non esiste perché «in diversi anni di test non è mai accaduto di catturare esseri viventi».

di Lorenzo Bernardi

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