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Un cohousing atipico: il caso di Vivit

di Sara Perro

Un cohousing atipico: il caso di Vivit
Un cohousing nato per anziani si è trasformato in una casa per coppie e famiglie.

A volte un progetto si modifica in corsa. Cambia destinazione, senza perdere l’anima. È successo al cohousing atipico Vivit, a Fiorenzuola d’Arda, nella pianura padana. Un edificio di 5000 metri quadri su cinque piani, per metà ad uso commerciale e per metà trasformato in appartamenti per anziani. O almeno questa era l’intenzione originaria: «Ho cercato di costruire abitazioni di piccole e medie dimensioni pensate per le persone più avanti con gli anni – racconta la proprietaria Silvia Pighi -. Avevo anche ipotizzato servizi dedicati, come la badante condivisa, ma non è mai stata necessaria».

Sì perché, a dispetto dei complimenti ricevuti e della richiesta d’informazioni, gli anziani non si sono trasferiti nel cohousing: «Oggi l’aspettativa di vita è di oltre 80 anni e le persone si sentono giovani e autonome fin dopo i 70. Le vecchie generazioni sono ancora proprietarie della propria abitazione e non sono quindi interessate ad affittare altrove».

Vivit così è nato rivolgendosi a un pubblico e ora è vissuto da un altro. Infatti i 17 appartamenti nell’ex condominio sono principalmente occupati da single e coppie giovani alla prima esperienza di convivenza. Ma la struttura non ha perso la sua funzione: la palestra, la lavanderia, la terrazza, la zona living con Wi-Fi sono aree condivise sfruttate dagli abitanti. «È un cohousing atipico, nato senza una progettualità condivisa con gli utenti. Gli alloggi sono in affitto e non di proprietà, ma l’esperienza sta comunque funzionando bene».

L’edificio è un vecchio condominio degli Anni ‘50, completamente rifunzionalizzato. In origine era una struttura per famiglie numerose, ora è stato trasformato in un edificio dedicato a nuclei più piccoli. È stato ristrutturato con diversi accorgimenti tecnologici per renderlo il più possibile sostenibile. Il recupero ha previsto una nuova cappottatura e un impianto di ventilazione per evitare la dispersione termica. È anche dotato di sistemi di rigenerazione: «Trasformiamo il calore in energia elettrica che usiamo per il condominio con un risparmio del 30%. Quando ne produciamo in esubero la cediamo alla rete».

Il cohousing recupera anche l’acqua piovana, utilizzata per l’orto condiviso e la terrazza. Negli spazi comuni sono state installate fontane con acqua potabile così da evitare l’acquisto di bottiglie e inquinare di meno. «Il recupero dell’edificio ha richiesto diversi anni. Siamo partiti nel 2013 con la progettazione, poi ci sono stati gli interventi sugli impianti. Gli alloggi sono abitati da circa due anni. Credo che prossimamente ci sarà un interessamento da parte delle persone anziane, ma non è fondamentale.

Vivit ha trovato una sua strada, una sua utenza, è vissuto. E va bene così».

di Sara Perro

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